Ebbene sì, sembra ancora l’altro giorno quando, in un freddo venerdì di dicembre, dalla Id Software, team di programmatori di videogames capitanato da John Carmack, usciva il tanto atteso e pubblicizzato Doom. Fu il 10 dicembre 1993, una data storica per il mondo dei videogiochi. In quel giorno uscì il gioco che rivoluzionò il mondo dei videogiochi (che fino ad allora consisteva principalmente in consolle da bar e semplici da attaccare alla tv). Questo gioco aveva molto in più rispetto al suo predecessore, Wolfestein 3d: innanzitutto la grafica era migliorata, e non solo come dettaglio, ma anche come costruzione (per citare un esempio, in Wolfenstein l’altezza visibile sullo schermo dei muri era inversamente proporzionale alla distanza dal muro stesso, per cui a grandi distanze i muri sembravano molto bassi e a piccole distanze molto alti. In Doom, invece, l’equazione utilizzata era molto più complicata, e rendeva decisamente più realistico il gioco); poi il numero di spazi e ambienti che potevano essere resi nel gioco era molto maggiore (tanto per cominciare, con W3d si potevano soltanto costruire stanze con pareti ortogonali).
Il giocatore partiva in una base su Phobos, satellite di Marte, dove, a causa del fallimento di un esperimento di teletrasporto, per errore si sono aperti sette portali verso l’inferno da cui hanno iniziato a venire nel nostro universo terribili creature e spaventosi mostri. Già dai primi livelli potevamo stupirci dell’incredibile dettaglio e della varietà di armi, mostri, medikit, e soprattutto paesaggi, dove ovviamente in Wolfestein 3D tutto era limitato a una manciata di possibilità per ogni categoria di oggetti.
Anche dal punto di vista della difficoltà la differenza si faceva sentire: mentre in Wolfenstein era spesso sufficiente un po’ di destrezza per cavarsela anche dalle situazioni più difficili, in Doom le situazioni critiche bisogna saperle, prima di tutto, prevenire, per esempio evitando di farsi circondare dai mostri o di andare avanti troppo velocemente col rischio di avere un alto numero di mostri che ti tengono sotto tiro.
Parliamo delle armi: qui sono ben 8, a differenza delle 4 del suo predecessore. Sono pugno di ferro, motosega, pistola, fucile a pompa, mitraglietta, lanciarazzi, arma al plasma e bfg. I mostri sono molti di più, con potenzialità ben diverse tra di loro. Anche il gioco è più complesso, con gli enigmi della ricerca delle chiavi per aprire le porte (fino ad un massimo di 3 per livello, contro la 1 di w3d). Il gioco è articolato in tre episodi da 8 livelli ciascuno, più un livello segreto non obbligatorio per episodio raggiungibile con passaggi segreti. La storia parte in una base abbandonata, nel 2145, su Phobos, luna di Marte. Dei demoni hanno invaso il sistema; dopo aver sconfitto i due mostri finali del primo episodio (due barons of hell), si vola su Deimos (secondo episodio); qui dopo altri 8 livelli con battaglia finale contro ilCyberDemon (molto difficile), avresti liberato le due basi, ma improvvisamente il terreno del satellite cede e ti ritrovi catapultato all’inferno (terzo episodio), alla fine del quale, sconfitto lo Spider MasterMind (ragno con mitraglietta, forte anche come difesa), un portale si apre e puoi ritornare sulla Terra. Il testo finale del gioco si conclude con: “è un bene che i mostri ancora non sconfitti non ti abbiano seguito nel portale…”. Il significato di questi puntini di sospensione? Beh, capirete più tardi…
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